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Sarah Faux, Keiran Brennan Hinton, Doron Langberg – OUTSIDE IN

 

con un testo di Agata Polizzi

  Les hommes n’ont plus le temps de rien connaître. Ils achètent des choses toutes faites chez les marchands. Mais comme il n’existe point de marchands d’amis, les hommes n’ont plus d’amis. Si tu veux un ami, apprivoise-moi !”. (“Le Petit Prince”, Antoine De Saint-Exupery)

 Outside In è la collettiva di Sarah Faux, Keiran Brennan Hinton e Doron Langberg, nuova generazione di artisti americani, che raccontano una contemporaneità molteplice, metropolitana e al contempo capace di lasciarsi ispirare ancora dalla natura o dal rapporto con l’altro. Capace di cogliere lo spirito del tempo. Una generazione che non si limita a riferire il mondo interiore attraverso la semplice rappresentazione ­­– in questo caso la pittura – ma che si fa interprete di una visione ampia e corale. La loro ricerca formale ha esiti differenti per ciascuno di loro, ma comune è un accento che insiste sul vissuto, su contesti e circostanze esperenziali, un’attenzione intorno al corpo umano nella sua presenza più carnale come nelle opere di Faux e Langberg o nella sua evidente malinconica assenza, come nelle opere di Brennan Hinton. Tutti si lasciano attraversare dal flusso vitale delle cose del mondo come azione e al contempo come limite, per descrivere stati d’animo, situazioni o interazioni tra elementi reali o immaginari. La dimensione privata e quella pubblica sono spesso il centro dell’interesse nella ricerca degli artisti, due sfere parallele, punti di osservazione in cui osservatore e osservato finiscono per confondersi, entrambi alla ricerca di una realtà che possa contenerli. La pittura diventa in questo senso rappresentazione che tenta di interpretare il dialogo tra intimo e privato, descrive lo sguardo in cui si mescolano “dentro e fuori” in una sorta sistema di vasi comunicanti in cui le identità si cercano, si fondono, cambiano stato. Vite fatte di oggetti, abitudini, paure, luoghi, sentimenti, tracce di vissuto, impronte attraverso cui ricostruire un passaggio, tracce che, parafrasando le parole di Brennan Hinton, sono “strutture fisiche che costruiamo per abitarci e dei muri interni che erigiamo per proteggere o preservare questo sé più privato”. Svelarsi significa allora negoziare la propria libertà, uno specchio attraverso cui guardare ed essere guardati, la rappresentazione diventa spazio neutro, sazio del confronto e dell’incontro. Nella visione restituita dall’arte tutto è vero, tutto è cristallizzato, senza tempo, eternamente presente. Nel rapporto con il tempo interviene anche lo spazio e questo consente all’arte di descrivere un luogo non fisico né ideale, luogo in equilibrio dove guardare senza giudicare e ascoltare senza interrompere.

Nelle opere di Sarah Faux, Keiran Brennan Hinton e Doron Langberg questo equilibrio appare come confine valicabile, come strumento per comprendere la contemporaneità, l’estremo bisogno dell’uomo di conoscere ma allo stesso tempo di preservare la propria intimità, di proteggerla dall’aggressione, riscoprendosi così vulnerabili ma incapaci di non sperimentare continuamente l’incontro con l’altro.