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BED SHEETS TALES

BED SHEETS TALES

Alina Kopytsia
a cura di Oleksandra Bobokhina

Il corpo potrebbe essere definito il protagonista delle opere di Alina Kopytsia, artista ucraina con base a Zurigo. I corpi abitano i collage tessili, i ricami, le performance e i video. La sua ricerca indaga il corpo, nella sua fisicità, nelle sue espressioni e sensazioni, corpo come strumento di liberazione, del piacere, di auto identificazione.

Nel contesto storico e politico in cui viviamo è inevitabile una riflessione sulla libertà dei corpi, libertà di stare con chi vuoi, libertà della funzione riproduttiva, libertà d’espressione, libertà nella ricerca del vero sé. Con ironia l’artista cerca di uscire dalle rigide griglie del binarismo di genere e mette in discussione le idee, a volte contrastanti, sui corpi in cui viviamo, cosa a quei corpi è permesso fare e cosa è proibito. Citando Everybody: A Book about Freedom della scrittrice britannica Olivia Laing siamo tutti ingabbiati nei nostri corpi e la libertà dal punto di vista fisico non si limita ai piaceri, ma si tratta “..di trovare modi per vivere senza essere ostacolati, azzoppati, danneggiati o distrutti da un costante rafforzamento di idee su ciò che è permesso per la categoria di corpo a cui sei stato assegnato”.

Il titolo della mostra Bed sheets tales fa riferimento alla serie intitolata Service. L’artista racconta le storie reali delle vite delle sex workers ricamando sulle loro stesse lenzuola, rappresentazione di una doppia testimonianza: un display, una superficie per la narrazione ma allo stesso tempo un oggetto fisico e reale che appartiene, in modo diretto, alle storie raccontate. I bed sheets tales (i racconti sulla biancheria da letto) stimolano una riflessione sul sesso e i sui sessi, il corpo come uno strumento di piacere e/o lavoro, il tema di potere nel rapporto tra chi offre il servizio e chi ne usufruisce. Durante la ricerca, iniziata nel 2017, Alina Kopytsia ha raccolto testimonianze di sex-workers in Ucraina e in Svizzera, nelle opere sono contenuti interessanti appunti e prospettive sulle società in cui le protagoniste operano e vivono.

Un ulteriore passaggio nello sviluppo del progetto è avvenuto durante la residenza da FPAC – Francesco Pantaleone Arte Contemporanea a giugno di quest’anno. Palermo, seppur percepita come città cosmopolita, inclusiva, aperta e accogliente, a differenza dei paesi dell’Europa centrale e delle ex repubbliche sovietiche presenta una forte matrice cattolica basata sui “valori tradizionali” come il culto della famiglia. Un complesso contesto sociale in cui l’espressione della propria libertà del corpo, in termini di sessualità, diventa manifesto di divergenza.
L’artista ha incontrato e intervistato le sex-worker palermitane e in occasione del Palermo Pride ha conosciuto alcune delle figure cult della comunità queer locale. Nella mostra sono esposte per la prima volta due opere realizzate ispirandosi all’esperienza di Palermo.

Durante il mio primo incontro con Alina Kopytsia, lei ha detto un’affermazione che potrebbe essere tradotta come un perfetto messaggio per ognuno di noi: “La libertà, nel senso più vasto del termine, inizia con la liberazione del proprio corpo”.