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ANDREA STEPKOVA

ANDREA STEPKOVA
TALEA
PROJECT WALL

01.04.2016 > 15.04.2016
O BOTANICA MUSA!
(Erasmo Darwin, Gli amori delle piante, 1805)
…nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo,
che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
(Cesare Pavese, La luna e i falò, 1950)
“Il segreto per migliorare la riproduzione delle piante,
oltre alle conoscenze scientifica, è l’amore”
(Luther Burbank, 1924)

La natura è viva. Le piante parlano. Germogliano, respirano, crescono. Ci stanno attorno e sono talmente indispensabili per le nostre vite, che ormai forse a volte purtroppo neanche ce ne accorgiamo più. Non le vediamo più. Spesso le dimentichiamo, le diamo per scontate e sottovalutiamo quanto dipendiamo da esse.
La funzione principale delle piante è infatti ricevere la luce dal Sole, utilizzarla, elaborarla, e attraverso la fotosintesi raccogliere l’energia solare per trasformarla in forma fisica. La clorofilla – il pigmento verde di cui sono composte le foglie – riesce a trasformare aria, acqua e minerali in sostanze utili alla vita, vegetale e animale. In pratica la fotosintesi clorofilliana è un processo per noi imprescindibile e da esso, fondamentalmente, dipende la vita sulla Terra.
In effetti, la respirazione umana è un processo biochimico complementare a quello della fotosintesi, e la clorofilla ha presentato un’affinità strutturale e funzionale con l’emoglobina – presente nel sangue dei mammiferi – che trasporta l‘ossigeno nel ciclo respiratorio.[1]
Le piante fanno innegabilmente parte della nostra esistenza, e il loro legame con le nostre vite è molto più forte di quello che appare.
Ogni tanto dovremmo ricordarcene, e dunque apprezzarle, accudirle, nutrirle. Se non altro per dimostrare un po’ di gratitudine. Sono sicura che loro gradirebbero, e di questo potremmo averne persino le prove.
Torniamo indietro di cinquanta anni, al 2 febbraio 1966, nel New Jersey.
Cleve Backster – uno dei maggiori esperti della CIA nell’applicazione della macchina della verità – spinto da una strana curiosità – decide di applicare gli elettrodi su una pianta e iniziare a farle un test. Da lì a poco la sua vita sarebbe irrevocabilmente cambiata, dovendo prendere atto del fatto che le piante rispondevano elettrochimicamente agli impulsi che stimolava e alle minacce che provocava.

“(…) Sul grafico quello che notavo era qualcosa che sembrava una risposta umana. Il tracciato della penna non era ciò che mi aspettavo dall’acqua che entrava nella foglia, ma piuttosto ciò che mi aspetto da una persona che mente sotto la macchina della verità. I rilevatori di bugie funzionano sul principio che quando le persone si sentono minacciate, rispondono fisiologicamente. Quindi iniziai a pensare su come minacciare la vita della pianta. Per prima cosa ho provato a mettere una foglia in una tazza di caffè caldo. La pianta mostrò una risposta in calo, che riconobbi quasi come noia. Immaginai allora di bruciare la foglia su cui stavo provando. L‘ho solo pensato. La pianta impazzì. La penna saltò su e giù nel grafico. Presi dei fiammiferi e ne accesi uno, feci pochi passi verso le foglie. Realizzai che non potevo ottenere maggior risposta di quella già in atto e quindi pensai di agire diversamente: allontanai la minaccia rimettendo a posto i fiammiferi. La pianta si calmò. Compresi immediatamente che si trattava di qualcosa di molto importante. Non c’erano altre spiegazioni alternative. Da quel mezzo secondo la mia coscienza era cambiata. Il mio intero processo di pensiero, il mio intero sistema prioritario, vennero concentrati in questo.”[2]
Ma già quasi un secolo prima qualcosa era stato captato dal padre della teoria dell’evoluzione – ovviamente. Nel suo “Il potere di movimento nelle piante” del 1880, Charles Darwin intuisce che le radici potevano essere considerate sede dell’intelligenza delle piante.
Oggi addirittura assistiamo alla crescita di una nuova e dibattutadisciplina scientifica – la neurobiologia vegetale – che prova a spiegare come le piante possano essere capaci di ricevere segnali dall’ambiente circostante, capirli, rielaborli e adattarli alle loro esigenze e – soprattutto – alla sopravvivenza. Al Laboratorio Internazionale di Neurobiologia delle piante, fondato nel 2005 all’Università di Firenze, si fanno ricerche sui diversi aspetti dei comportamenti delle piante, fisiologici e biologici, cellulari e molecolari. Quello che sono riusciti a constatare è straordinario.
La calma apparente in cui vivono le piante è in realtà ingannevole; sotto il terreno l’attività è complessa, ed è forse ora di iniziare ad accettare che esista realmente un’intelligenza vegetale. Le piante sono esseri viventi, incredibilmente sensibili ed emotivi. Possono provare dolore e paura, felicità e amore. Sono capaci di avvertire e distinguere i pericoli, percepire e identificare gli stimoli, riconoscere le nostre intenzioni. Oltre i nostri cinque sensi, con le loro capacità extrasensoriali, sono in grado di respirare senza polmoni, di vedere pur non avendo gli occhi, di sentire senza orecchie, di ragionare pur essendo privi di cervello.
Hanno un linguaggio loro le piante, e lo usano per comunicare, per allertarsi e per difendersi, e che fa pensare all’incredibile coscienza e alla commovente consapevolezza che questi esseri davvero probabilmente possegono.
Se da un lato c’è la scienza – che con esperimenti e tesi prova a darci delle certezze – dall’altro ci sono le nostre verità, il nostro istinto e l’amore che ci lega – ancestralmente – alle piante.
Trovandoci immersi nella natura, circondati da alberi, piante e fiori, il benessere che spontaneamente ci pervade non è forse anche questa una prova…?
Andrea Stepkova tutto questo lo sa bene. Lo sente con i propri occhi, lo prova con la sua pittura. Constantemente ispirata da queste miracolose creature, è da questo universo che deriva principalmente il suo immaginario.
La Natura come ispirazione e le piante come Muse. Quasi sempre le dipinge dal vero, ma sulle sue tele o nelle delicate carte non vedremo mai la mera rappresentazione del mondo vegetale, quanto piuttosto una trasposizione cromatica di vibrazioni ed atmosfere.
Andrea non mostra fedelmente la natura, non è interessata all’analisi delle caratteristiche botaniche, non intende presentare un compendio di immagini dalla valenza illustrativa o divulgativa. A spingerla è il rapporto istintivo e attivo che stabilisce con le piante, con i fiori, con i semi, e la pratica pittorica è sempre accompagnata dalla pratica botanica: li coltiva, li cura, li osserva, li fotografa e li ritrae, con grande dimestichezza tecnica e metodologica.
E’ come se il suo pollice verde attraverso la pittura diventasse blu, e grazie a questa sensibilità cromatica trascende la figurazione e l’idea di natura morta. Dando sfogo ad una visione mentale più che reale, si connette con queste creature su altre frequenze, in una condizione di scambio, di conoscenza e di totale simbiosi.
Per questa sua prima personale non è un caso che si sia scelto un nome preso in prestito da una pratica botanica molto diffusa. La Talea è infatti quel procedimento di riproduzione vegetale che permette al frammento di una pianta – opportunamente tagliato e innestato nel terreno o nell’acqua, di generare un nuovo esemplare. E la mostra al Caffè Internazionale può essere intesa essa stessa come una Talea, in quanto si moltiplica dando vita ad altri due momenti espositivi: uno presso la galleria di Francesco Pantaleone – con uno specifico Project Wall – e uno da Bisso Bistrot.

Non resta che chiederci se abbiamo ancora la capacità di guardare una pianta, ammirare un fiore o contemplare un albero… Loro ci osservano e ci sentono. La natura è viva, oscilla e fluttua. Bisogna solo ricominciare a ricordarcene.
Tiziana Pantaleo

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[1] Julian Barnard, Fiori di Bach. Forma e funzioni. (Tecniche Nuove, 2004)
[2] Derrick Jensen, Le Piante Rispondono: Intervista con Cleve Backster. (The Sun, luglio 1997)